Per fortuna non soltanto cattive notizie ma, ogni tanto, qualche debole segnale di ripresa.I mutuari che nel colmo della crisi economica e degli stipendi sempre più bassi, prima di rischiare il fallimento totale, hanno chiesto una rinegoziazione del mutuo, potranno contare su un notevole vantaggio.Secondo quanto ha deciso e reso noto l’agenzia delle entrate, potranno essere, infatti, detratti fiscalmente non soltanto gli interessi passivi del mutuo vero e proprio, ma anche quelli derivanti dal conto accessorio. Quest’ultimo è proprio quello attivato al momento della rinegoziazione del mutuo. Il tutto fino a un massimo di quattromila euro.
La decisione è riferita a tutti coloro che hanno avuto accesso alla rinegoziazione in seguito alla convenzione del 29 maggio 2008 tra l’Abi, l’associazione delle banche italiane, e il ministero dell’Economia. Facendo un passo indietro, ad essere interessati dalla decisione chi sono nello specifico? Innanzitutto, bisogna dire che la rinegoziazione del mutuo prevista dalla convenzione garantiva la possibilità di trasformare il proprio finanziamento da tasso variabile in un mutuo a tasso fisso.
Una scelta questa alla quale si sono sentite costrette ad aderire moltissime famiglie, in un momento di equilibrio molto precario. In particolare, i problemi si sono fatti sentire quando l’indice Euribor ha cominciato a salire vertiginosamente, facendo preoccupare che aveva scelto la rata variabile. In ogni caso, attraverso la convenzione tra Abi e Ministero era possibile abbassare la rata mensile del mutuo, aumentando però la durata complessiva del finanziamento. La differenza tra la rata prevista dal primo piano di ammortamento e quella (più bassa) del piano rinegoziato era successivamente addebbitata su un conto di finanziamento accessorio.Come ha confermato l’Abi:“il conto di finanziamento accessorio rappresenta per il mutuatario un debito nei confronti della banca, produttivo di interessi, capitalizzabili annualmente, al tasso annuo più favorevole per il cliente tra quello che si ottiene in base al tasso di interesse fisso (IRS) a dieci anni, maggiorato di uno spread massimo di 0,50 punti percentuali, e quello contrattualmente previsto, come determinati alla data di rinegoziazione”.