Mai una buona notizia, insomma, in questo periodo, ma la realtà è questa e ci troviamo in piena crisi economica, anche se confidiamo tutti di poterne uscire presto. Ciò ovviamente ha fatto calare considerevolmente la fiducia dei consumatori che non è mai stata così bassa dal 1996. In più si fa sempre più presente il divario tra la crescita dei prezzi e uno stipendio sempre lo stesso se non più basso. Questo porta di certo ad uno stato di minor benessere e si parla dei livelli più preoccupanti dal 1995. Il quadro per niente consolante lo ha tracciato l’Istat in Italia puntando l’attenzione soprattutto sulle retribuzioni contrattuali orarie e rivelando che, nel 2011, si è assistito ad una crescita dell’1,8% rispetto all’anno precedente. Non cantate vittoria, però, perchè si tratta della crescita media annua più bassa dal 1999.
A dicembre nessun cambiamento significativo, mentre a novembre c’è stato un aumento dell’1,4% su base annua, uno dei valori più bassi dal marzo del 1999. A livello tecnico, poi, tra l’aumento delle retribuzioni contrattuali orarie (+1,4%) e il livello d’inflazione (+3,3%), su base annua, si è registrata una differenza pari a 1,9 punti percentuali.
Nel frattempo, sull’argomento sono anche intervenute in una nota congiunta Adusbef e Federconsumatori che confermano: ”Oltre ai sempre più gravi dati diffusi dall’Istat, i redditi delle famiglie, secondo quanto rilevato da un’indagine di Bankitalia, risultano inferiori addirittura a quelli del 1991. Il il potere di acquisto delle famiglie a reddito fisso è diminuito dell’1,9%. Questo significa, per una famiglia media monoreddito che percepisce un reddito 1.500 euro al mese una diminuzione del potere di acquisto pari a 342 euro l’anno, mentre nel caso il reddito percepito sia di 2.000 euro al mese la diminuzione del potere di acquisto è pari a 456 euro l’anno”.
I prezzi continuano però a crescere e secondo le previsioni dell’Osservatorio Nazionale Federconsumatori ‘‘prospettano nel 2012 un aumento pari a 392 euro a famiglia solo per quanto riguarda il settore alimentare. Aggravi, tra l’altro, destinati a peggiorare anche sulla spinta degli aumenti determinati dalla serrata dei tir”.